Il progetto del Ponte sullo Stretto torna a far discutere. Il governo italiano punta a far finanziare la futura opera infrastrutturale da Bruxelles anche tramite la leva della difesa NATO. L’intento è far rientrare i 13,5 miliardi di euro del ponte all’interno del target di spesa militare previsto per l’Alleanza Atlantica.
Tuttavia, l’ambasciatore USA presso la NATO, Matthew Whitaker, ha risposto con fermezza: “il ponte non può essere considerato un progetto di difesa e dunque non potrà contribuire al raggiungimento dell’obiettivo fissato per il 2035 della spesa militare pari al 5% del PIL”.
L’operazione “contabilità creativa” nella difesa NATO
L’Italia, che oggi stanzia solo circa il 1,5–2% del PIL per la difesa, ha tentato di aggirare i limiti imposti a Bruxelles includendo nel calcolo alcune infrastrutture strategiche. Il ponte – per il governo – rappresenterebbe un asse logistico fondamentale per il rapido dispiegamento delle truppe italiane e NATO verso la Sicilia. I fautori sottolineano il ruolo duale: civile e militare, in linea con la flessibilità consentita dal nuovo tetto del 5%.
Ma per Washington, la proposta di inserirlo nella spesa difensiva appare un artificio contabile che “non ha alcun valore militare”.
Reazioni ed effetti sul piano interno ed estero
Gli Stati Uniti, tramite Whitaker, smentiscono politicamente la validità del piano italiano. Dicendosi contrari alla “contabilità creativa” tra alleati europei, l’ambasciatore ha affermato che l’infrastruttura non soddisfa i requisiti per essere definita difensiva.
Questo no americano indebolisce la narrativa strategica del governo italiano, che ha puntato sull’approvazione NATO per legittimare il progetto e giustificarne i costi – considerati troppo alti da critica e opinione pubblica.
Le opposizioni passano all’attacco
Critici del progetto – accademici, ambientalisti, partiti d’opposizione – hanno bollato il ponte come un "gingillo costoso e alto rischio", non solo sotto il profilo ambientale o antisismico, ma anche come strumento di elusione dei vincoli europei. Analisti dell’Istituto Affari Internazionali (IAI) osservano che l’asse prioritario NATO si trova in Est Europa, non nel Mediterraneo.