I raid israeliani su Gaza City si sono intensificati, segnando una nuova fase dell’offensiva. L’esercito (IDF) ha definito “inevitabile” lo sgombero totale della popolazione civile dal nord, spingendo centinaia di migliaia di persone verso il sud della Striscia. Un esodo di massa che l’ONU ha definito “una deportazione forzata”, possibile violazione del diritto internazionale umanitario.
Nelle ultime 24 ore sono state registrate 76 vittime e quasi 300 feriti, mentre 10 persone sono morte di fame, segno di un’emergenza umanitaria che si aggrava di giorno in giorno. Secondo l’IPC, oltre 514.000 persone sono già in carestia, cifra che potrebbe salire a 641.000 entro settembre.
Israele contesta questi dati, accusando le agenzie internazionali di fare il gioco di Hamas e chiedendo una rettifica. Ma le immagini che arrivano da Khan Younis e Rafah raccontano un’altra storia: ospedali al collasso, bambini denutriti, campi improvvisati trasformati in cimiteri.
La pressione internazionale aumenta. Le manifestazioni contro Netanyahu riempiono le piazze di Tel Aviv, mentre le cancellerie occidentali si dividono tra la condanna e il silenzio. Una cosa appare chiara: l’offensiva militare rischia di trasformarsi in un boomerang politico, isolando Israele come mai prima d’ora.